“Basta sentire una nota musicale, e ci viene subito annunciata una vita che non ci è stata narrata da alcuno, che non è predicata da alcun predicatore. Supponete ch’io cerchi di riferire esattamente quel che vedo attraverso la musica: il campo della mia vita diviene una pianura illimitata che è bello attraversare, e alla cui fine non v’è morte né delusione”. Così sosteneva il poliedrico americano, Henry David Thoreau, che fu filosofo, scrittore e poeta, del resto parlare e scrivere di musica è arduo, perché essa attraversa la storia dell’umanità, dal primo battito di mani a mo’ di primitivo ritmo al presente con il digitale imperante anche nelle sette note, e come fenomeno culturale attraversa tutto lo scibile umano. Infatti musica deriva dall’aggettivo greco μουσικός/musikòs, relativo alle Muse e quindi a tutte le arti. Ma musica era anche scienza, pensiamo un attimo alla nostre suggestive Tavole Palatine a Metaponto, dove Pitagora insegnava che la sostanza primigenia (archè) è l’armonia, determinata dal rapporto tra i numeri e le note musicali, da cui deriva l’invenzione della scala musicale… Musica è anche medicina, ebbene sì; una tradizione che affonda le radici nei riti ancestrali sciamanici e nelle nostre radici popolari, che a loro volta si nutrono delle pratiche magiche ma che è scienza, sin dai primi esperimenti nel XVIII secolo del medico calabrese Biagio Miraglia, con la sua innovativa terapia psichiatrica che prevedeva l’uso della musica e dello psicodramma nei manicomi… Appunto la musicoterapia, disciplina che “armonizza” scienze, medicina, psicologia e arte, e dagli orizzonti vasti da comprendere anche la pedagogia speciale. Così anche in Basilicata, dove è materia di sostegno didattico in un istituto all’avanguardia in tema di inclusione: il Liceo artistico, musicale e coreutico Gropius di Potenza, dove si è svolto anche un seminario tecnico aperto a docenti e specialisti, tenuto dalla musicoterapeuta Anna Lapetina. Ci spiega la professoressa Luisa Russo, referente per l’inclusione del Liceo Gropius : “La vocazione “musicale” e “artistica” del Liceo Gropius ci induce a individuare figure specifiche, come arteterapeuti e musicoterapeuti, che siamo onorati di ritenere parte della nostra realtà scolastica.
Anna Lapetina
Pensando in particolare ai ragazzi con bisogni educativi speciali, con le più svariate caratteristiche, alcuni di loro magari non verbali, ci mettiamo alla ricerca di queste professionalità che consideriamo preziose, perché pensiamo possano sollecitare un tipo di comunicazione diversa e possano attivare in questi ragazzi emozioni benefiche che altrimenti rimarrebbero inespresse. L’incontro formativo con la musicoterapeuta Anna Lapetina, apprezzata da tutti i partecipanti per la sua indiscutibile competenza e per il suo entusiasmo, è stata un’occasione di grande arricchimento professionale”. Quindi un settore scientifico in perenne mutamento che abbraccia la forma di arte più universale, poiché la musica, la melodia, anche la semplice vibrazione smuovono sentimenti e passioni, lo fa forse anche il “suono del silenzio”, per parafrasare Simon e Garfunkel, ma affrontiamo questo complesso e affascinate argomento con la dottoressa Anna Lapetina, lucana di Potenza, dove si diploma in pianoforte al Conservatorio “Gesualdo da Venosa” e consegue un dottorato di ricerca in “Lingua, Testo e Forme della Scritture” all’Università degli Studi della Basilicata. Dal 2018 è socia ordinaria della SIEM (Società Italiana per l’Educazione Musicale), di cui frequenta la Scuola Triennale di Musicoterapia di Macerata; attualmente fa parte di un gruppo di ricerca coordinato da Alfredo Raglio sull’Ascolto Musicale Terapeutico. La dottoressa Lapetina è autrice de La partitura silenziosa. Femminile e ipotesto musicale nell’opera di Nancy Huston (Aracne Editrice) e di diversi articoli sulle ibridazioni tra musica e scrittura.
Arte e scienza, possiamo definire la musicoterapia come un efficace connubio tra due settori che l’immaginario collettivo considera distanti se non addirittura contrapposti?
Certamente, la definizione stessa di musicoterapia condensa il connubio di cui lei parla. Nel campo delle neuroscienze l’azione benefica della musica che appartiene al nostro comune sentire è ormai confermata da numerosi studi di brain imaging, ma perché si possa parlare di terapia condotta grazie al canale sonoro-musicale occorre conoscere i meccanismi intrinseci di azione della musica sul cervello e le strutture nervose ad esso correlate. Il musicoterapeuta è pertanto il professionista preparato ad intervenire sui bisogni del paziente/utente attraverso l’uso finalizzato e pertinente del sonoro-musicale.
Dottoressa si è una sterminata letteratura scientifica sulla musicoterapia, una enorme casistica e anche svariati metodi. Inoltre essendo una disciplina scientifica anche innovazioni e nuove scoperte. Il nostro scopo però e divulgare ai neofiti: in quali settori e come si può applicare la musica come terapia?
Boomwhackers
La musicoterapia trova applicazione in svariati contesti, clinici e non: possiamo affermare che l’uso della disciplina, purché non sussistano controindicazioni rilevabili in fase anamnestica e/o osservativa, si estende dalla gestazione fino alla terza età. A livello clinico, le evidenze scientifiche desunte dagli studi condotti nei diversi campi sottolineano i benefici della musicoterapia nei disturbi pervasivi dello sviluppo, nello spettro autistico, nei ritardi mentali, nei disturbi dell’intelligenza (demenze), in campo psichiatrico, settori nei quali l’elemento relazionale tra terapeuta e paziente/utente, favorito dal canale sonoro-musicale non-verbale, diventa un agente di cambiamento significativo all’interno del processo terapeutico.
La musicoterapia trova poi un’importante applicazione anche in ambito ospedaliero: nelle terapie intensive, dove il musicoterapeuta armonizza il paesaggio sonoro prodotto dai macchinari per stabilire un contatto non invasivo con il paziente, mediato dalla relazione materna nel caso delle terapie intensive neonatali; in ambiente perioperatorio; nei reparti pediatrici; nell’ambiente sospeso dell’hospice, nel quale il musicoterapeuta supporta dolcemente la persona alla fine del suo viaggio, cercando di lenirne il dolore fisico e facendosi tramite di un particolare lascito ai suoi cari con la composizione di canzoni a partire dalle parole del paziente (songwriting). Infine in campo riabilitativo la musicoterapia, nello specifico la Neurological Music Therapy declinata in ben 27 tecniche, si applica a patologie neurodegenerative come la sclerosi multipla o negli esiti degli strokes ischemici. Contestualmente all’uso medico complementare della disciplina, in ambito preventivo l’intervento musicoterapico con il singolo e ancor più con il gruppo in quelli che definisco “contesti sociali” come la scuola, gli istituti penitenziari, i centri diurni o di prima accoglienza, favorisce inoltre la relazione, l’espressione del contenuto emozionale e la comunicazione, non mediata dal verbale. Al di là della patologia o dell’”etichetta diagnostica”, tengo a sottolineare quanto sia fondamentale guardare alla persona nella sua interezza e nella sua specificità, per poter progettare un’azione terapeutica efficace, che ne intraveda le potenzialità e ne legga anche i bisogni inespressi.
xilofono
In Italia non esiste una specifica normativa sulla musicoterapia, però esiste un disciplinare dei musicoterapeuti e un codice deontologico preciso. In quali ambiti nel Belpaese è maggiormente diffusa?
In Italia la musicoterapia è disciplinata secondo la legge 4 del 2013 quale professione non organizzata in ordini o collegi, ma all’articolo 2 – comma 3 la stessa legge prevede l’obbligo di adozione, da parte delle Associazioni professionali, di un codice deontologico di condotta. Potrei affermare che nel nostro paese, a differenza di quanto avviene a livello internazionale, la musicoterapia è diffusa in maniera parcellizzata nei diversi ambiti prima citati, ma che da alcuni anni, grazie al lavoro di musicoterapeuti come Stefano Navone e Alfredo Raglio, di cui ho la fortuna di essere allieva, l’apporto italiano all’innovazione e alla ricerca scientifica musicoterapica ha acquisito uno spessore maggiore.
Dottoressa Lapetina, ci siano incontrati al Liceo Musicale Gropius di Potenza che possiamo definire un’istituzione scolastica all’avanguardia sull’inclusione, in un interessante seminario dove abbiamo anche fatto “pratica”. Quale è l’applicazione della musicoterapia in nella didattica?
Confermo la definizione del Liceo “Walter Gropius” di Potenza quale scuola all’avanguardia in tema di inclusività, poiché l’attenzione e la sensibilità rispetto al tema si articolano in una rete di sostegno ai ragazzi e alle famiglie composta dai docenti di sostegno e delle discipline, e dalle figure degli assistenti educativi esperti in pedagogia, arteterapia e musicoterapia. Per quanto riguarda il nostro tema, in ambiente scolastico la musicoterapia può sia fungere da supporto della didattica, facilitando i processi di apprendimento soprattutto nel caso di ragazzi con bisogni educativi speciali, sia operare sui bisogni specifici degli studenti relativi alla dinamica relazionale con il gruppo classe e con i docenti.
Come siamo messi con questa disciplina nella nostra Basilicata?
La musicoterapia nella nostra regione mi sembra oggetto di fraintendimento e di un po’ di confusione rispetto al metodo, alle tecniche, e alla serietà scientifica. Occorre ancora operare una divulgazione più capillare della disciplina, e per tale ragione la ringrazio per l’opportunità che lei mi offre in tal senso con questa intervista, affinché non si confonda l’attività musicoterapica con l’azione musicale didattica, e si comprendano le opportunità e i benefici che un processo musicoterapico serio e ben progettato può apportare.
Uno studio ha dimostrato anche che la musicoterapia può attivare una stimolazione cerebrale anche nei soggetti in stato comatoso ed è utile anche nel fine vita.Ma perché e come è possibile questo avviene?
Sebbene l’ambito dei disordini della coscienza sia ancora incompleto perché non si conoscono totalmente tutte le potenzialità della nostra centralina cerebrale, diversi studi recenti, basati su dati quantitativi rilevati con EEG e sulla valutazione della GCS (Glasgow Coma Scale), dimostrano quanto una stimolazione sensoriale condotta con tecniche musicoterapiche possa elicitare delle risposte nei pazienti in stato di coma cerebrale. In questi casi, la sollecitazione sonoro-musicale contribuisce ad arricchire ad alimentare la plasticità del cervello, intesa come la capacità di riorganizzare i network neuronali in caso di lesione, favorendo la creazione di nuove sinapsi. Come dicevo prima, quale accompagnamento del fine vita la musicoterapia entra in punta di piedi in hospice per supportare il paziente a livello emotivo e rispetto alla gestione del dolore e della sua percezione, oltre che per sostenerlo nella creazione concreta di un “saluto sonoro” da poter registrare e consegnare ai propri cari.
Leonardo Pisani